Nel 2019 negli Stati Uniti, tre uomini condannati all’ergastolo sono stati liberati dal carcere di Baltimora, dopo aver scontato 36 anni di reclusione per l’omicidio di un coetaneo a scuola, avvenuto nel 1983.
I tre, all’epoca adolescenti, sono stati dichiarati innocenti soltanto nel 2019, ormai cinquantenni, dai magistrati che hanno riconosciuto l’abnorme errore giudiziario commesso.

La riapertura del caso.
Il caso è stato riaperto nel 2018 dagli investigatori, anche grazie alle numerose richieste di revisione da parte dei tre uomini, mai rassegnatisi alla ingiusta condanna. Il processo scaturito dalle nuove indagini ha finalmente dato rilievo ad alcune testimonianze prima ignorate, dalle quali emergeva l’identità del vero killer della scuola di Baltimora.
Le disfunzioni della pressione mediatica.
Quest’omicidio, avvenuto nel giorno del ringraziamento del 1983, fece molto scalpore. La stampa locale, così come l’opinione pubblica, non discutevano che di questo caso, richiedendo a gran voce alle autorità che fosse presto risolto. Fu proprio questa enorme pressione mediatica ad influenzare in qualche modo il lavoro degli investigatori e dei magistrati, i quali si macchiarono, forse, di uno dei più atroci errori giudiziari della storia americana.
Chiunque sia il colpevole, purché sia individuato presto.
Immaginatevi da adolescenti, che un bel pomeriggio dopo la scuola vengano ad arrestarvi senza alcuna apparente motivazione. Immaginate che l’intera stampa sbatta la vostra foto in prima pagina e che tutta la gente della città voglia che sia fatta giustizia per un ragazzino assassinato, individuando voi quale vittima da sacrificare in nome della verità.
Credete sia il clima ideale in cui operare per i magistrati che vi giudicheranno?
Il fattore ambientale e il “giudice persona”.
Io credo fortemente nella magistratura e nella capacità di questo organo dello Stato di agire con assoluta lucidità anche nelle circostanze “ambientali” meno serene. Ma è innegabile che chi giudica è pur sempre una persona e come tale risulta inevitabilmente condizionata da ciò che le accade personalmente e da ciò che accade nel mondo intorno a lei.
La condanna già scritta.
Ciò che è accaduto ai giudicanti di Baltimora è palese, sono stati schiacciati dalla pressione mediatica e dell’opinione pubblica, che non volevano altro che un colpevole, chiunque egli fosse.
Ancora, immaginatevi di vivere un processo in cui ogni vostra parola non viene creduta, né tantomeno quelle dei testimoni che rendono dichiarazioni a vostro favore. Un processo in cui la condanna è già stata scritta, ancor prima che i magistrati giudichino il caso.
Facciamo maggiore attenzione.
Per queste ragioni, mi vengono i brividi ogni qualvolta assisto alla ennesima “crocifissione mediatica” del presunto colpevole, che spesso avviene ancor prima che cominci il processo, nonostante la “non colpevolezza fino a condanna definitiva” sia un principio sacrosanto della nostra Costituzione. Principio che evidentemente fatica ancora ad affermarsi tra “i più”.